RASSEGNA STAMPA
Riportiamo un articolo pubblicato dal quotidiano on line IL POST
(direttore Luca Sofri) lo scorso 10 dicembre.
La situazione del livello di conoscenza e di competenze in Italia, come
fotografato dall’indagine dell’OCSE è più che preoccupante.
Per ribaltare questa allarmante situazione tutti devono fare la loro
parte: Istituzioni, Scuola e Università, famiglie…
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missione è trasferire competenze e conoscenze attraverso i corsi che
eroga, in presenza e on line. Con passione cerchiamo di dare il nostro
contributo a migliorare e far crescere il nostro Paese.
LE SCARSE COMPETENZE DEI LAVORATORI ITALIANI
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)
ha fatto un’indagine sulle competenze di base degli adulti tra i 16 e i 65
anni, come la capacità di comprensione del testo, di fare calcoli anche
semplici e di risolvere problemi in varie situazioni: è un’indagine
paragonabile a quella che viene condotta sugli studenti delle scuole ogni
anno, anche se questa ha avuto finora una frequenza decennale. Il
risultato mostra una situazione molto negativa per gli adulti residenti in
Italia, che hanno dimostrato abilità mediamente inferiori rispetto agli
altri paesi avanzati: tra i 31 presi in considerazione l’Italia è sempre nelle
ultime posizioni.
Sono dati che segnalano problemi nell’istruzione e nello scarso livello
della formazione in azienda. Rispetto all’ultima edizione, che venne
pubblicata nel 2013, le cose sono peggiorate: sebbene in media i risultati
siano invariati, le competenze si sono ridotte ancora per chi ne aveva già
poche e sono invece aumentate per chi le aveva, allargando le
disuguaglianze. Questo ha profonde conseguenze sul mercato del lavoro,
dove sempre più persone sono relegate in ruoli pagati poco, in un
contesto in cui peraltro le aziende dicono di non riuscire a
reperire personale più specializzato e qualificato.
L’indagine ha coinvolto complessivamente 160mila adulti dei 31 paesi
appartenenti all’OCSE, tra il 2022 e il 2023: è solo un campione, i cui
risultati non servono a dare valutazioni di rilevanza assoluta, ma sono
un’approssimazione di tendenze più generali. Non c’è un punteggio
minimo o massimo, la valutazione sui risultati si fa in confronto con le
medie degli altri paesi. In Italia gli intervistati hanno ottenuto in media
245 punti in comprensione del testo (contro una media OCSE di 260),
244 in abilità di calcolo (media OCSE 263), e 231 nella capacità di
risolvere i problemi (contro 250 di media OCSE).
In base ai risultati dei singoli rispondenti poi l’OCSE individua dei livelli
da 1 a 4. Nella comprensione del testo il 35 per cento degli adulti ha
ottenuto un punteggio pari o inferiore a quello del livello 1, contro una
media OCSE del 27 per cento: chi è rientrato in questo livello riesce a
comprendere giusto testi brevi ed elenchi organizzati quando le
informazioni sono chiaramente indicate. Chi è rimasto sotto il livello 1 sa
al massimo comprendere frasi brevi e semplici. All’estremità opposta
solo il 5 per cento degli adulti ha superato il livello 4, meno della metà
della media OCSE del 12 per cento.
Complessivamente in Italia il 70 per cento dei rispondenti rientra nei
livelli fino al 2: nei paesi OCSE la media è del 57 per cento.
Si nota più o meno la stessa ripartizione per le capacità di calcolo. Più di
due terzi dei rispondenti si limita a saper fare calcoli semplici su numeri
generici e soldi, ma fa fatica con calcoli che richiedono più passaggi.
I risultati peggiorano ulteriormente per le capacità di risolvere problemi
in modo «adattivo», cioè a seconda delle situazioni e dei contesti. In
Italia il 46 per cento dei rispondenti si colloca tra livello 1 e quello
inferiore, contro una media OCSE del 29 per cento: al livello 1 i
rispondenti riescono a risolvere solo piccole problematiche con poche
variabili. Solo l’1 per cento dei rispondenti si colloca sopra al livello 4,
per cui serve la capacità di adattarsi anche a cambiamenti improvvisi.
L’86 per cento dei rispondenti italiani si colloca entro il livello 2, contro
il 68 per cento della media dei paesi OCSE.
L’OCSE rileva alcune differenze a seconda dei paesi di origine:
rispondenti italiani nati da genitori italiani hanno mostrato una
comprensione del testo maggiore rispetto a rispondenti stranieri nati da
genitori stranieri. Secondo l’OCSE però una parte di queste differenze
dipendono perlopiù dalla condizione economica e dal contesto sociale,
che dalla nazionalità: una volta normalizzati i risultati in base alle
condizioni socio-economiche il differenziale si riduce da 30 a 13 punti. Il
contesto fa la differenza anche per chi ha nazionalità italiana: chi è figlio
di persone più istruite mostra risultati migliori, soprattutto per
comprensione del testo e abilità di calcolo. Il divario è però più
contenuto rispetto alla media dei paesi dell’OCSE.
C’è poi una differenza generazionale. I rispondenti più giovani hanno
ottenuto risultati migliori per tutte e tre le competenze, il che può
dipendere sia dall’invecchiamento che dalle differenze di istruzione e
formazione ricevuta. È comunque una tendenza che si nota nella
maggior parte dei paesi, ma in Italia il divario è mediamente meno
ampio: non è però una buona notizia, perché dipende dagli scarsi
risultati delle persone più giovani, e non da un buon livello delle persone
più adulte. Questo si vede anche dal fatto che le differenze più marcate
tra Italia e il resto dei paesi si rileva nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni:
questo potrebbe segnalare una serie di problemi nei percorsi scolastici e
universitari.
Chi ha un livello più alto di istruzione ha ottenuto i punteggi più alti: in
Italia gli adulti con una laurea tra i 25 e i 65 anni hanno ottenuto in
media 19 punti in più nella comprensione del testo di coloro che hanno
un diploma di scuola superiore, che a loro volta hanno ottenuto 35 punti
in più di chi si è fermato ai gradi più bassi. È un confronto che però non
regge sempre nel paragone internazionale: nella comprensione del testo
i rispondenti italiani con una laurea hanno ottenuto meno di quelli
finlandesi con solo il diploma. Significa che la differenza può farla anche
la formazione successiva al percorso di studi, come potrebbe essere
l’esperienza fatta sul campo o i percorsi formativi previsti dalle aziende,
che in Italia non sono sempre all’avanguardia. Questa scarsa funzionalità
è anche alla base dei noti problemi di produttività delle aziende, e
degli stipendi bassi.
Capire da dove originano i problemi nell’apprendimento di queste
competenze di base è essenziale per impostare politiche economiche in
grado di garantire maggiori opportunità alle persone. In Italia, ma
avviene ovunque nei paesi OCSE, gli adulti con migliori risultati hanno
accesso a migliori opportunità di carriera rispetto a coloro che hanno
ottenuto punteggi più bassi. Questo è vero soprattutto per le capacità di
calcolo: chi ha un punteggio più alto ha più probabilità di avere un
lavoro e di ottenere uno stipendio più alto.
Il valore delle competenze persiste anche quando si paragonano persone
con lo stesso titolo di studio. Chi ha più alte capacità di calcolo ha 7 punti
percentuali in più di probabilità di avere un lavoro, e un rischio di essere
disoccupato inferiore del 3 per cento. Tra i rispondenti occupati chi ha
maggiori abilità coi numeri ha in media uno stipendio del 5 per cento più
alto, una differenza significativa anche se paragonata al valore del titolo
di studio, che garantisce in media uno stipendio più alto del 14 per cento.
Ed è proprio da qui che in parte si originano e si aggravano le
disuguaglianze economiche: rispetto alla precedente edizione del
rapporto sono migliorate le competenze di chi già era ai livelli più alti,
mentre sono peggiorate quelle di chi era meno preparato. Allo stesso
modo è aumentata la quota di persone con competenze più basse, molto
di più di quanto sia aumentata – poco – quella con le competenze più
alte.
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